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U COME UNCED

Più di una semplice conferenza, una vera e propria pietra miliare del dibattito sullo sviluppo sostenibile. Ma quanta strada è stata fatta in 26 anni?
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UNC…che? Non spaventatevi, è solo l’acronimo che sta per Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, chiamata anche Summit della Terra o Conferenza di Rio. Tanti i nomi dati a quella che ha rappresentato un’occasione senza precedenti per il dibattito sullo sviluppo sostenibile. Tenutasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno del 1992, ha visto la partecipazione dei rappresentanti dei governi di 178 Paesi, migliaia di organizzazioni non governative, ambientalisti, industriali, indios, religiosi e giornalisti. In totale circa 30.000 persone provenienti da tutto il mondo per mettere in discussione il futuro dello sviluppo dell’uomo e dell’ambiente.

Unced 1992

Di cosa si è discusso?

A Rio si iniziò finalmente a parlare di sviluppo sostenibile e delle possibili soluzioni ai problemi ambientali più importanti. Esaurimento delle risorse, inquinamento, perdita di biodiversità e riscaldamento globale divennero parole più familiari, questioni che tutti avevano il diritto e il dovere di conoscere. Inoltre, all’UNCED venne posta particolare attenzione sugli agenti chimici tossici (divieto di esportazione dei rifiuti tossici da paesi industrializzati a paesi poveri ed eliminazione delle sostanze chimiche nocive) e sull’ozono (messa al bando definitiva dei clorofluorocarburi).

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La Conferenza si concluse con la scrittura di convenzioni e dichiarazioni di principi, tra cui Agenda 21, Convenzione sulla biodiversità, Accordo sugli stock ittici, Dichiarazione sulle foreste. Queste divennero le basi, che ancora oggi influenzano il discorso sul rapporto uomo-ambiente.

Quanta strada è stata fatta in 26 anni?

Dalla Conferenza di Rio del 1992 a oggi si sono susseguiti numerosi summit per discutere di sviluppo sostenibile. Tante parole che purtroppo fanno fatica a diventare azioni concrete. Un senso di frustrazione e inarrendevolezza ben espresso dalle parole del presidente delle Isole Fiji e della COP23, Josaia Voreqe Bainimarama:

cop23 unced

Stiamo discutendo da Rio, un quarto di secolo fa. Da quel tempo, sono state create nove nuove Nazioni e abbiamo vissuto una rivoluzione digitale. E da quel momento anche il riscaldamento della Terra ha accelerato e i mari hanno continuato a salire. Nel nostro primo sforzo per affrontare il cambiamento climatico, sono state pronunciate decine di milioni di parole e quasi tutte le promesse sono fatte alle persone che rappresentiamo. Se tutte le nobili intenzioni di tutte le brave persone che hanno costruito questo processo dal 1992 potessero essere convertite in energia pulita, potremmo risolvere la crisi ora. Ma le intenzioni non sono azioni. Allora eccoci qua. Abbiamo chiesto maggiore ambizione e vi chiederemo di compiere azioni più ambiziose. Quindi lasciate che vi dica cosa significa per me ambizione e cosa dovrebbe significare per tutti noi. Ambizione significa impegno totale: impegno a perseverare e fare tutto ciò che deve essere fatto, qui e ancora nelle vostre capitali. Significa essere concentrati ed energici. Dobbiamo affrontare le cause dei cambiamenti climatici ora e dobbiamo gettarci all’attacco senza trattenere un’oncia di energia. E significa dimostrare compassione: compassione per il nostro mondo e per ogni persona e creatura che ci vive.

Impegno, responsabilità, compassione

Un discorso importante quello di Bainimarama, una critica costruttiva ai summit internazionali, importanti ma non sufficienti. Serve, infatti, maggiore impegno concreto e senso di responsabilità, ma soprattutto compassione. Quest’ultima non è da intendersi come un facile pietismo, ma come una concreta e positiva propensione nei confronti di tutte le creature e di questo pianeta, l’unica casa che possiamo abitare.

terra unced

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